Non c'è un metro di misura ben preciso per definire un film, sia in positivo che in negativo, poiché naturalmente ci sono molti fattori da prendere in considerazione: regista, cast, troupe, budget, effetti speciali e così di seguito. Il problema è che però la critica, da molti anni, è sempre stata unanime nei confronti del famigerato regista tedesco ed ex pugile Uwe Boll, reo di aver rovinato le trame di numerosi videogames trasponendoli in orribili adattamenti cinematografici.
E' proprio per questo motivo che si è beccato la nomea di "peggior regista professionista al mondo". Cinque anni fa ho avuto la sciagurata idea di voler vedere un suo film, intitolato In The Name Of The King e basato sul videogioco per pc Dungeon Siege. Ora, tolto il fatto che da un cast del genere (Jason Statham, John Rhys-Davies, Ron Perlman, Claire Forlani, Kristanna Loken, Ray Liotta e Burt Reynolds) mi aspettavo molto di più, sono rimasto letteralmente scioccato dalla mancanza di accuratezza nei particolari ma soprattutto dallo scarsissimo utilizzo di veri effetti speciali (i mostri nemici sembravano dei pupazzi di plastica e la stragrande maggioranza delle scene di battaglia è avvenuta di notte per sopperire alla mancanza di mezzi per aumentare i combattenti al computer), dai forti anacronismi della trama (la presenza tra le file nemiche di ninja, in un'ambientazione simile a quella dell'Europa medievale) e dall'insensatezza di molti dialoghi tra i personaggi. La trama è lenta e manca di colpi di scena. Tutto è prevedibile e non c'è nulla di sorprendente.
Quando finii di vederlo speravo davvero di non essere stato l'unico a pensare di aver sprecato due ore così inutilmente. disgustandomi all'inverosimile e fortunatamente le mie idee sono state subito confermate dalle numerosissime recensioni negative che questo regista subisce da anni ed anni. Stendendo un velo pietoso sui malati di mente che gli permettono ancora di dirigere (o meglio, rovinare) un film fornendogli i loro fondi, questa persona manca di dignità e si permette anche di offendere i suoi critici ed altri registi, come ha fatto con Eli Roth e Michael Bay. Non riuscendo sicuramente a trovare delle validi giustificazioni ai suoi incredibili obbrobri cinematografici, l'unica risposta che ha dato è stata sempre quella di sfidare i suoi critici ad un incontro di boxe! I numerosi giornalisti che hanno combattuto con lui per poi perdere si saranno forse fatti muovere dalla compassione nei confronti di quest'uomo scarsamente fantasioso e così ottuso da non capire che il momento di farsi da parte è arrivato da tempo (oppure che era meglio non intraprendere proprio questa carriera!). Come se ciò non bastasse, aveva inoltre sfidato a raccogliere un milione di firme per fare in modo che si ritirasse e, vedendo i brillantissimi risultati ottenuti in poche ore a suo discapito, non ha ceduto e ha continuato nella sua opera autodistruttiva! Ultimo shock?! Presto uscirà il sequel di In The Name Of The King, il cui protagonista sarà Dolph Lundgren, che impersonerà il figlio del protagonista del primo film, nel ruolo di un ex-marine che incontra dei ninja (sempre 'sti ninja di mezzo!) che lo rispediscono indietro nel tempo! Unica nostra fortuna è che il film sarà direct-to-video e non passerà dunque sul circuito cinematografico!
Che posso dire, gli auguro di vincere ancora altri Razzie Awards, perché sono gli unici premi che merita, e gli do un consiglio: abbandona il mondo del cinema, risparmiandoci questi orrendi scempi, e torna alla boxe che forse è più adatta a te!
INCURSIONI CINEMANIACHE
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