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venerdì 16 febbraio 2018

La mia guida agli Oscar 2018



Mai come quest’anno, i film candidati agli Academy Awards si basano su solide, ottime e sorprendenti interpretazioni. Mai come quest’anno, però, le storie narrate non hanno destato particolare curiosità in me, non so dirvi perché esattamente. Definirle storie mosce mi getterebbe nell'Inferno dei critici cinematografici? Poco male, perché non sono una critica di schiatta, e soprattutto credo incontrerei persone interessanti laggiù. Ovviamente mi riferisco solo ad alcuni film, soprattutto quelli più osannati, blasonati e che hanno ricevuto più nomination. Se non mosce, allora queste storie definiamole dimenticabili. Perciò sono state proprio le interpretazioni che mi hanno invogliato a vedere i film candidati agli Oscar di quest’anno, e che hanno reso i film che li contengono un po' meno dimenticabili. Non sono riuscita a vederli proprio tutti tutti, però fatemi compagnia in questo excursus e scoprite quali mi sono piaciuti e quali no. E soprattutto, non seguiteli i miei consigli: non ho soldi per rimborsarvi i biglietti del cinema!

CHIAMAMI COL TUO NOME


Per il film di Luca Guadagnino ho scritto una recensione (forse un po’ isterica, non me ne vogliate) post-visione a dicembre.
Visto, ovviamente in lingua originale: e sì, sono d’accordo con quell'antipaticone di Vincent Cassel quando dice che, a volte, in Italia esageriamo col doppiaggio. Questo è uno di quei film che si assapora meglio nella lingua girata. Come vi dicevo, ho sentito l’urgenza di scriverne immediatamente, e quindi potete leggere la recensione qui: CHIAMAMI COL TUO NOME. Aggiungo soltanto che, per me è diventato uno dei film della mia vita. Vi smuoverà dentro un caos di emozioni: sentitele, assaporatele, vivetele! Questa è la magia di una bella storia. La magia di un amore assoluto e puro. Sicuramente non si è capito che tiferò peggio di un hooligan il 4 marzo per questo film! Immagino già che il film di Guadagnino non riuscirà a portare a casa le statuette più importanti, ma se vincesse quelle per la Miglior Sceneggiatura Non Originale al grande James Ivory, e quella per Miglior Canzone Originale a Sufjan Steven sarei comunque contentissima. NELLE SALE DAL 25 GENNAIO.

NOMINATION: Miglior Film (probabilità: 30%), Miglior attore protagonista (probabilità: 35%), Miglior Sceneggiatura non originale (probabilità: 80%), Miglior Canzone originale (probabilità: 70%).

Il trailer:



LADY BIRD




Il film di Greta Gerwig è tra i più quotati per la Notte degli Oscar 2018.
Avevo qualche aspettativa, anche perché la regista ha lavorato a lungo sulla sceneggiatura, prima di elaborarla davanti alla macchina da presa. Lady Bird credo sarà compreso meglio dagli spettatori statunitensi, intendo per come è raccontata la storia. La vicenda narrata, il percorso di crescita di Lady Bird (la bravissima Saoirse Ronan), è universale sicuramente: tutti abbiamo attraversato durante l’adolescenza quella fase di ribellione, di odio viscerale verso uno dei genitori, o entrambi anche, che ci fanno percepire un qualche collegamento con la protagonista. Però, la Gerwig non ha girato un film originale, o diverso a parer mio. Il plauso, da parte mia, le arriva comunque perché protagonista del suo film è una donna, una giovane donna con le sue idee, le sue aspirazioni, le sue voglie e desideri. Ma la regista non è uscita fuori dal seminato, ha lavorato su canovacci precedenti e ha ammantato tutto con quell'atmosfera fintamente punk, alternativa e ribelle, condita con quell'aggiunta di american way che sembra ti dica: ehi, solo qui da noi l’adolescenza è così da sballo! Non è un film, ma ho apprezzato maggiormente, e sentito più vicini, i ritratti adolescenziali della serie TV Tredici (13 reasons why) rispetto a quelli concepiti dalla Gerwig. Personaggi già visti, che a volte sfiorano la macchietta (come il ruolo di Timothée Chalamet: Elio che ti hanno fatto???). La regista deve ringraziare le sue attrici: le loro interpretazioni mi sono piaciute, la Ronan e Laurie Metcalf, infatti, trascinano il film al The End. Nomination per Miglior Regia e Miglior Film incomprensibili: credo la Gerwig sia stata inclusa nelle categorie del premio più importanti per mantenere le quote rosa. Sapete com'è, oltreoceano al politically correct ci tengono assai. NELLE SALE DAL 1 MARZO.

NOMINATION: Miglior film (probabilità: 60%), Miglior Regia (probabilità: 40%), Miglior attrice protagonista (probabilità: 55%), Miglior attrice non protagonista (probabilità: 60%), Miglior sceneggiatura originale (probabilità: 60%).

Il trailer: 



L'ORA PIÙ BUIA



Stiamo assistendo ad un revival della figura di Winston Churchill, ultimamente, tra serie TV e film.
Nostalgia per la vecchia Inghilterra? Le cose credo non sono cambiate granché: chiusi e snob erano, e chiusi e snob sono oggi. I’m jokinggggg!!! Ovviamente, scherzo. Ci sta che una nazione rivolga gli occhi al passato, e ci sta che un regista come Joe Wright frughi nelle pieghe del tempo per girare uno dei suoi film, come sempre impeccabile. Lo apprezzo tantissimo, il suo stile giovane e senza pretenziosità credo renda qualsiasi argomento narrato, interessante a tutti. Il regista britannico riesce a far appassionare a qualsiasi storia, anche se narra di uno statista burbero e difficile: Churchill, plasmato da Wright, diventa addirittura simpatico (che poi lo fosse davvero sir Winston Churchill, non ho dubbi in merito. Per diventare primo ministro in quel preciso momento storico, bisognava avere grande humor!). L’ora più buia racconta proprio la cronaca dell’arrivo in Downing Street di Winston Churchill, per il suo primo mandato, mentre l’Europa e il mondo intero sono alle soglie della seconda guerra mondiale. Un susseguirsi di accordi, leciti o illeciti, discussioni politiche e familiari, avventure nella Tube e corse in macchina, un Churchill quindi diviso tra pubblico e privato. Una narrazione, quella di Wright, al cardiopalma, mentre lo spettatore avverte, sempre più minacciosa, l’ombra di Adolf Hitler aleggiare sulla storia. Il ritmo del film è ottimo, e avrei dato a Wright almeno la nomination come Miglior Regia. Cosa dire di Gary Oldman? Irriconoscibile e strepitoso, come sempre. Da Sid Vicious (o Dracula) a Winston Churchill non è proprio un attimo, e ciò fa comprendere la bravura eclettica dell’attore inglese. Il caro Gary vincerà l’Oscar? Credo di sì. E come suo unico avversario vedo solo Daniel Day Lewis. Tra un po’, comprenderete perché. NELLE SALE DAL 18 GENNAIO.

NOMINATION: Miglior film (probabilità: 40%), Miglior attore protagonista (probabilità: 90%). 

Il trailer:



LA FORMA DELL'ACQUA



Tiriamoci ‘sto dente: non mi è piaciuto.
Lo dico subito, così chi l’ha apprezzato può saltare a piè pari questa mia mini insulsa recensione e passare alla prossima, sempre che godrò ancora della sua stima. Scherzi a parte, da Guillermo Del Toro non mi sarei aspettata nulla di diverso: originalità, innovazione, sentimenti, tematiche importanti affrontate col suo stile allegorico. Apprezzo molto la sua carica innovativa, ma La forma dell’acqua non mi ha entusiasmato o coinvolto. Come dicevo, la storia è al servizio di tematiche importanti, come accettare e amare la diversità, non chiudersi nel proprio orticello e rifiutarsi di comprendere che quel che ci rende diversi, beh quella è la ricchezza del genere umano. Nonostante questo, l’ho trovato un film lento, originale sì ma nemmeno esageratamente, e un pochetto ruffiano. Mi fa venire in mente un ragazzino sbruffone che, ad una gara scolastica, è già sicuro di vincere il trofeo. Film del genere ce ne sono sempre, ogni anno, agli Oscar. Sta allo spettatore scovarli, perché quelli dell’Academy, se non l’avete ancora capito, hanno da sempre preferenze e pupilli da accudire o premiare. Non l’ho trovato un film genuino, sincero per quanto, ovviamente, di qualità. Manco a dirlo, non comprendo le nomination: salvo solo quelle a Sally Hawkins e Octavia Spencer, brave e affiatate. Guillermo, comunque mucha mierda. NELLE SALE DAL 14 FEBBRAIO.

NOMINATION: Miglior film (probabilità: 85%), Miglior regia (probabilità: 75%), Miglior attrice protagonista (probabilità: 85%), Miglior attrice non protagonista (probabilità: 30%), Miglior attore non protagonista (probabilità: 55%), Miglior sceneggiatura originale (probabilità: 70%).

Il trailer:


TRE MANIFESTI A EBBING, MISSOURI


Questo film può essere descritto con molti aggettivi, toccante, ironico, coraggioso, importante, perché nel suo viaggio tocca lo spettatore in modi diversi, e sempre efficacemente.
Prima di vederlo, non c'avrei scommesso granché, sembrava la solita storia americana di denuncia. Ed in effetti è così, ma come dicevo inizialmente, sono le interpretazioni a fare la differenza, in questo caso, quelle di Frances McDormand e Sam Rockwell. Tutto parte dallo stupro ed omicidio della figlia di Mildred (McDormand), avvenuto ad Ebbing, Missouri, nel sud degli Stati Uniti. Mildred, esausta dalla mancanza di notizie ed iniziative da parte del comando di polizia locale riguardo alle indagini, decide di affittare tre cartelloni pubblicitari fuori città. Quel che Mildred decide di denunciare pubblicamente, darà il via ad una serie di cambiamenti in città, che come tessere di un domino metteranno in moto nuove dinamiche, prese di coscienza e nuove alleanze. La McDormand, già premio Oscar per Fargo (1997) ci sguazza in questo tipo di storie, e il risultato è impeccabile, potente. Oltre a rimanerti dentro. Sam Rockwell fa un ottimo lavoro col suo Dixon, stupidotto redento sulla via di Ebbing. Credo sia uno dei film più forti in gara quest'anno. Vedere per credere. E per emozionarvi. NELLE SALE DALL'11 GENNAIO.

NOMINATION: Miglior film (probabilità: 85%), Miglior attrice protagonista (probabilità: 70%), Miglior attore non protagonista: duplice candidatura per Woody Harrelson (probabilità: 40%) e Sam Rockwell (probabilità: 80%), Miglior sceneggiatura originale (probabilità: 70%). 



Il trailer:




IL FILO NASCOSTO




Il cinema di Paul Thomas Anderson è per palati fini.
Per i gourmet del cinema. Non saprei come definirlo altrimenti. Ne Il filo nascosto, il regista lavora artigianalmente sulla storia, mantenendo l’elemento perturbante, comune alla maggior parte della sua cinematografia. Come il suo protagonista, lo stilista Reynolds Woodcock, Anderson trasferisce dal cartamodello alla realtà i vari pezzi di questa storia, apparentemente normale e prevedibile, facendoli sfilare davanti agli occhi dello spettatore a poco a poco. I protagonisti di Anderson sanno sempre come sorprenderti. Ovviamente in peggio. Sanno sempre come sconvolgerti o scioccarti. E così succede che questo affermato e insaziabile stilista, col procedere della storia, passa in secondo piano quando la sua musa scopre di poter agire e piegarlo. Affascinante, ipnotico, di gran classe (a contribuire a ciò, sicuramente l’atmosfera anni Cinquanta magnificamente riprodotta nel film), Il filo nascosto è, tra i film agli Oscar, quello che io vi consiglio assolutamente di vedere (insieme a Chiamami col tuo nome, ovviamente. Se ve lo state chiedendo in questo preciso momento: no, non smetterò mai di ossessionarvi con questo film!). Daniel Day Lewis ha affermato che questo sarà il suo ultimo ruolo: l’attore britannico ci ha abituati già in passato a questo tipo di annunci, ma se davvero decidesse di non tornare più a recitare, sono sicura che abbandona il palco mentre gli applausi scrosciano numerosi. Vedere per credere: la sua interpretazione non riesco a descriverla degnamente, anche perché la bravura di Day-Lewis sta pure nel non detto, nelle sensazioni che quegli occhi screziati e quella mimica inconfondibile infondono nello spettatore. Credo che il film e Day-Lewis siano dei papabili per l’Oscar: per l'attore sarebbe la quarta statuetta che, così, entrerebbe nella storia del premio. Godetevelo come se, per una volta nella vita, vi concedeste una cena nel ristorante più lussuoso della città. NELLE SALE DAL 22 FEBBRAIO.

NOMINATION: Miglior film (probabilità: 70%), Miglior regia (probabilità: 70%), Miglior attore protagonista (probabilità: 75%), Miglior attrice non protagonista (probabilità: 65%).

Il trailer:


TONYA


Questo film mi ha sorpresa. Parecchio.
E mi è piaciuto davvero tanto! Sarà che ho un debole per i cosiddetti perdenti, per i reietti, quelli che poi, nonostante la società perbenista e moralmente ineccepibile si diverte ad etichettare, vanno avanti e continuano a costruire, a fare qualcosa delle loro vite. Questo è il caso di Tonya Harding, la pattinatrice statunitense che, tra gli anni Ottanta e i primi anni Novanta, ha raggiunto faticosamente le vette del pattinaggio agonistico internazionale per poi esserne scaraventata giù. Ma a quella discesa, ha contribuito anche lei. La Harding, oltre a non essere una perdente, oltre a non essere perfetta, è anche una donna con gli attributi, una che nonostante tutto e tutti ha difeso la sua dignità, ed è sempre stata fiera di quel che è riuscita a conquistarsi, seppur per breve tempo. Le è stato vietato di praticare la cosa che più amava nella vita, il pattinaggio, eppure è andata avanti. Si è costruita un’altra Tonya. Insomma mi è piaciuto tutto di questo film: storia, ritmo, regia, e le interpretazioni. Ecco, parliamo di Margot Robbie (alla sua prima candidatura agli Academy) e di Allison Janney, già vincitrice del Golden Globe quest’anno: io a loro la statuetta la darei ad occhi chiusi. Se la coppia mamma-figlia, in Lady Bird, formata da Saoirse Ronan e Laurie Metcalf mi è piaciuta ma non rimarrà particolarmente impressa nei miei ricordi, quella formata dalla Robbie e dalla Janney credo proprio che me la ricorderò finché campo: graffianti, irruenti, irresistibili nel loro essere contorte e problematiche, le due attrici non fanno dimenticare tanto facilmente i loro ruoli. Un film aggressivamente pop. Da vedere! NELLE SALE DAL 22 MARZO.

NOMINATION: Miglior attrice protagonista (probabilità: 55%), Miglior attrice non protagonista (90%).

Il trailer: 



THE POST



Ops, I did it again! Sì, lo so Britney Spears non c'azzecca molto con Steven Spielberg.
Però è quel che voglio dire riguardo a The Post, l'ultimo film del regista premio Oscar, veterano che si fa accompagnare da altri veterani. Gioca facile (o sporco) Spielberg, perché con Tom Hanks e Meryl Streep come protagonisti, più altri comprimari di lusso come Michael Stuhlbarg (grande attore, in tre film agli Oscar quest'anno) e Bob Odenkirk, sa perfettamente di aver confezionato un film valido. Tratto da una storia vera, il film elenca tutti i baluardi della democrazia statunitense, e centrale, in questo caso, è la libertà di stampa. Ops, I did it again perché il regista conosce alla perfezione come emozionare il (suo) pubblico, e sicuramente ci crede anche in quei valori. Però, nonostante le interpretazioni di pregio e un film che scorre senza intoppi, la storia sa di già visto, di sfruttato, insomma è un po' un carillon inceppato Spielberg, in quest'ultimo periodo. Di film a tematica giornalistica, quello più interessante, ultimamente, è stato Il caso Spotlight: quello sì che è stato coraggioso, non autoreferenziale o propagandistico. Senza macchia e senza paura, gli Usa proprio non sono. Comunque, non mi voglio addentrare in questioni politiche, parliamo della Streep, nuovamente candidata e che sa gestire alla perfezione il suo personaggio: importante il suo ruolo di protagonista perché illustra quanto, per una donna, in ogni epoca, sia difficile farsi strada o anche semplicemente farsi rispettare, sul lavoro. E poi c'è quella faccia da schiaffi di Tom Hanks che non delude mai. Vedetelo, magari, ma senza aspettarvi troppo. NELLE SALE DAL 1 FEBBRAIO.

NOMINATION: Miglior film (probabilità: 55%), Miglior attrice protagonista (probabilità: 40%).

Il trailer:



COCO


Ultimamente, non ho visto molti film d’animazione.
Credo che l’ultimo sia stato Inside Out. Però Coco, il nuovo nato in casa Disney-Pixar, mi è stato subito simpatico, a pelle ho deciso di vederlo assolutamente. Così, ho vinto la mia idiosincrasia verso l’infanzia e mi sono catapultata nella storia, nel Messico che amo. Tornare bambini, ogni tanto, fa davvero bene. Vi avviso: procuratevi una copiosa scorta di fazzoletti perché la storia di Coco, del suo papà e della sua famiglia vi conquisterà senza che voi nemmeno ve ne accorgiate. Non c’è molto altro da dire, la magia di questo film bisogna sperimentarla col proprio cuore. Credo sia uno dei migliori creati, negli ultimi anni, dalla Disney-Pixar. Quindi, non potete perdervelo. La Disney-Pixar è tra le vincitrici storiche della Notte degli Oscar ma, quest'anno, tifo per il lungometraggio d'animazione successivo. NELLE SALE DAL 28 DICEMBRE.

NOMINATION: Miglior film d'animazione (probabilità: 70%).

Il trailer:



LOVING VINCENT


Un film d’animazione sui generis, perché non dedicato ai piccoli ma ai 'grandi'.
Un film ambizioso nel voler attirare al cinema un pubblico adulto per vedere un 'cartone animato', nel voler raccontare di Vincent Van Gogh, il grande pittore olandese. Perché un film su Van Gogh? Perché Vincent se lo merita. Nel cast ci sono Saoirse Ronan, Aidan Turner, Helen McCrory, Douglas Booth, Jerome Flynn, Eleanor Tomlinson e Robert Gulaczyk nel ruolo dell'artista, che sono trasformati sullo schermo in dipinti animati, disegnati a mano con lo stile di Van Gogh dal team di pittori, gli altri grandi protagonisti di questo film. Nel lungometraggio d’animazione si ripercorre la vita di Vincent Van Gogh, si cercano di comprendere i perché dietro il suo suicidio, si parla con chi l’ha conosciuto nei suoi ultimi mesi, si parla di arte, della sua arte, e della sua anima, fragile, sensibile e bellissima. Un film prezioso: lo consiglio a tutti, non soltanto a chi è un appassionato d’arte o che ama Van Gogh, perché abbeverarsi alla fonte di una grande anima disseta a lungo. Vincent rincuora lo spettatore, lo incoraggia ad essere fragile, a sentire, profondamente e amare la vita. Il film è passato nelle sale per pochi giorni, ma è acquistabile in DVD e Blu-Ray. 

NOMINATION: Miglior film d'animazione (probabilità: 75%).

Il trailer:




Ultima considerazione davvero: non so a voi, ma a me fa piacere che i film di quest'anno, nonostante non brillino per originalità, hanno come protagoniste per la maggior parte donne forti, a modo loro.
Spero di non avervi annoiato, e come avrete potuto notare ho anche aggiunto le percentuali di probabilità per le nomination. Un giochetto che mi sono divertita a fare, e invito anche voi ad unirvi a me. Cos'altro scrivere se non buona visione e buona notte degli Oscar 2018!

venerdì 3 luglio 2015

La trilogia delle Età di Paolo Sorrentino



Non me ne voglia Paolo Sorrentino, ma io ho una teoria. Molto probabile che ci siano arrivati altri prima di me, e allora aggiungo anche il mio di parere e beccatevi queste elucubrazioni da critica cinematografica della domenica.
Dopo aver visto l'ultimo di Sorrentino, Youth - La giovinezza, e aver recuperato This must be the place, e ricordando La grande bellezza, ho pensato: ma questa è una Trilogia delle Età! Ora mi spiego:

THIS MUST BE THE PLACE - Il candore dell'infanzia


Il protagonista è Cheyenne: nel suo candore, nel suo atteggiamento verso la vita e con gli altri ricorda un bambino. Spontaneo, dice sempre quello che pensa e comprende immediatamente quando gli altri non si stanno esprimendo sinceramente. Cheyenne, ex rockstar degli anni Ottanta, vive a Dublino con la moglie. Quando il padre viene a mancare, l'uomo si mette in viaggio verso gli Stati Uniti. Arriva troppo tardi, ultimo 'appuntamento' tra i due, che entrambe non riescono ad onorare. Cheyenne scopre che il padre era sulle tracce di un criminale nazista: per tutti quegli anni ha seguito i suoi spostamenti, per vendicarsi di un'umiliazione subita nel campo di concentramento in cui fu deportato da ragazzino. Questa sua vendetta ha influito sul rapporto con il figlio, infatti l'uomo dice durante il film di non aver mai conosciuto suo padre. Questa mancanza, questa figura paterna assente lo relega in questo status infantile. E' il viaggio che intraprende, quasi un voler essere vicino al padre per l'ultima volta, per condividere con lui un pezzo della sua anima, che lo cambia. Cheyenne cresce, non perdendo però il suo candore. Al termine del film lo vediamo abbandonare quel travestimento, maschera protettiva, dopo aver compreso che quel suo nascondersi era un limbo in cui rifugiarsi, per proteggere la sua anima fanciulla e senza identità. Davvero bello, per me il più bello dei tre, con uno Sean Penn tenero che rende un personaggio, al limite della parodia, iconico. Una delle migliori personalità viste al cinema in questi ultimi anni.



LA GRANDE BELLEZZA - DAL FURORE DELL'ADOLESCENZA ALLA CONSAPEVOLEZZA DELLA VITA ADULTA



Per la recensione completa de La grande bellezza vi rimando ---> QUI.

Per chi ancora non l'avesse visto, il protagonista del film è Jep Gambardella, autore de L'apparato umano, unico libro scritto, e frequentatore affamato di feste in una Roma notturna e segreta. Gioca a fare il dandy smidollato ma ha una sensibilità che tiene celata dietro la sua personalità da mondano. Come un adolescente, trascorre le notti tra i freak delle feste esagerate, e all'alba si ritrova a vagare per le strade dell'Urbe chiedendosi quando finiranno le vacanze estive. Quando viene a sapere della morte di Elisa, suo primo e vero amore, Jep perde di goliardia e acquista in consapevolezza, L'incontro con Ramona, anima affine, disperata e sola, gli svela che La grande bellezza non è un qualcosa da cercare ma da costruire, tramite i rapporti umani. Non è un qualcosa di nostalgico o che deve avvenire, ma un qualcosa che avviene. E' il presente, da vivere pienamente con i doni del passato e le promesse del futuro.


YOUTH - LA LEGGEREZZA DELLA VECCHIAIA




Youth ovvero lo sfatamento della vecchiaia. I protagonisti: Michael Caine, compositore di musiche per il cinema idolatrato e in pensione, e Harvey Keitel, regista ancora in attività che sta lavorando al suo ultimo film. Il regista ce li presenta, all'inizio, come il Vecchio (Caine) ed il Giovane (Keitel): il primo si è ritirato dalla scena pubblica desiderando quasi di scomparire ed essere dimenticato. Mentre il secondo continua strenuamente a tentare, a lavorare e ad esserci. Man mano, però, proprio a partire dai malanni, i ruoli si capovolgono: Caine sarà quello che sfrutterà la vecchiaia per chiarire, per modificare la sua vita, per svelarsi e per raccontare. Mentre Keitel è il vero vecchio, quello che rincorre la giovinezza inutilmente, non comprendendo che è troppo tardi ed è ormai ostaggio del cliché sulla sua età. In realtà, Sorrentino sfata molti miti della vecchiaia: è un momento della vita tra i più preziosi, uno dei più alti dell'esistenza umana poiché ci si arriva come individui interi, durante la quale si può costruire una consapevolezza nuova, di se stessi, del mondo e degli altri, durante la quale si può ancora ricominciare a "vivere" e a recuperare il tempo perso. Durante la vecchiaia, (ci) si può anche perdonare, e si comprende che: "Siamo soltanto comparse. Nessuno si sente all'altezza". Avevo delle aspettative molto alte, che in parte il film ha soddisfatto. Per me, i film di Sorrentino sono da vedere e rivedere, per carpirne sempre lezioni nuove e nuova, e pura, poesia.



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