martedì 31 dicembre 2013

A Season in Downton Abbey


SPOILERS PER CHI SEGUE LA PROGRAMMAZIONE ITALIANA!

Inevitabilmente, io a ogni fine stagione di Downton Abbey mi devo sfogare! Non è mai semplice ricordare tutto quello che ho da dire, così quest'anno ho scritto una scaletta:


Prova fotografica =D
Rimane una delle mie serie TV preferite, sono english addicted. In una mia vita precedente ero sicuramente una lady inglese che davanti al camino sorseggiava il suo immancabile thé delle cinque con gli scones
Dalla terza stagione, Downton ha perso un po' del suo fascino. Anche la quarta è giunta al termine, che è coinciso con la fine della season in cui ha debuttato Rose McClare, la nipotina pedante dei Crawley. Comunque, procediamo con ordine: in e out, il meglio e il peggio. Downton, a noi!

I personaggi IN


Quando ho stilato la scaletta, non ho avuto dubbi: Edith e Anna.
La secondogenita di casa Crawley ha proseguito con la sua crescita psicologica, avviata già nella terza stagione. Da bimbetta viziata, spocchiosa e invidiosa della sorella maggiore si è trasformata in una DONNA. Edith sa quello che vuole e nel corso della quarta stagione se l'è preso, non ha aspettato che arrivasse o che qualcuno si accorgesse di lei come in passato. Purtroppo, Mr. Fellowes glie vuole male.




Con Gregson sembrava avesse finalmente raggiunto la felicità. Appunto, sembrava. Chissà cosa è successo in quel di Cermania (secondo me una spedizione punitiva capeggiata dal già citato Fellowes, troppo alterato dalla felicità di Edith), Richard scompare lasciando Edith sola e incinta. Dopo essersi rifugiata in Svizzera con zia Rosamund, la ragazza non riesce ad accettare di dover rinunciare alla figlioletta. Almeno non del tutto. E all'insaputa della zia e di nonna Violet, le uniche al corrente della gravidanza di Edith, la piccola Gregson è in arrivo a casa degli affittuari dei Crawley. Insomma, un'altra prova di forza di Edith che decisamente sta iniziando a rubare la scena a Mary.


Amo il personaggio di Anna fin dalla prima serie, e amo l'interpretazione di Joanne Froggatt. E nella quarta stagione penso sia stata superba. Questa season non è stata assolutamente semplice per il suo personaggio ma ne è uscita con una tale forza e un tale coraggio che me l'ha fatta amare ancora di più. Ovvio che la violenza le rimarrà nell'anima, un'atrocità simile non può essere dimenticata del tutto. Anna però, con la sua dolcezza e la sua tenacia, ha rialzato la testa e ha continuato a lottare.


Piccola digressione per Mr. Bates: anche se a volte a me inquieta un po', è l'uomo dei sogni: comprensivo, innamorato, se eliminasse quella vena vendicativa sarebbe perfetto. Commovente e tenero il riavvicinamento con Anna: you are my wife. Quattro parole, ma che racchiudono un mondo infinito di sentimenti. I coniugi Bates, nella buona e nella cattiva sorte, fanno sempre sognare.

I personaggi...anzi il Personaggio OUT


Lei è Out!!! Rose MacClare, figlia di Shrimpie. Da un padre con un soprannome così, che figlia ti puoi aspettare? Pedante, lamentosa, viziata, combina guai. Non nego che abbia movimentato un pochetto, con le sue love stories, la vita a Downton però il suo personaggio è come l'aceto nel pudding! Non mi è mai piaciuta però quando Rose è stata confermata come regular nella quarta stagione ho pensato: vabbè un personaggio nuovo, vediamo che fa. Ora mi rivolgo a Julian Fellowes: my dearest sir, perché non mandi Rose in India dai genitori??? Thank you so much!

I miei evergreen: Mary e nonna Violet


Per il personaggio di Mary temevo il peggio. Pensavo che avrebbe attraversato la quarta stagione come un fantasma, troppo affranta per Matthew. Invece no, Mary ha ritrovato tutta la sua forza e per di più è diventata una perfetta possidente: con Tom è riuscita a traghettare Downton verso la modernità.


Io amo alla follia Mary e amo alla follia Michelle Dockery, quindi anche se in questa fourth season Julian l'ha trattata peggio di una zitella da sistemare, continua ad essere una dei miei personaggi preferiti. Parlando dei suoi due pretendenti, sì Napier secondo me è Sempre stato fuori dai giochi, Gillingham e Blake li avevo giudicati male. Il primo è di una noia e prevedibilità mortali. Il secondo invece mi piace molto, ma nasconde qualcosa e non mi convince del tutto. Chi sceglierà Mary? Sicuramente il quarto incomodo che probabilmente arriverà nella quinta stagione!


Ma guardatela, c'è bisogno che io dica qualcosa? Fa una pippa a tutti nonna Violet! C'ha fatto preoccupare ma per fortuna grazie a Isobel, l'insostituibile dowager countess è tornata più tagliente che mai. A proposito di Isobel, lei come Mary ha dovuto affrontare la perdita di Matthew. La sua è stata una salita faticosa ma arrivata in cima ha trovato un'amica brontolona, Violet, e un pretendente. Go Isobel, go!

Sciapo is the way


Come l'intera stagione anche il Christmas Special non mi ha esaltato più di tanto. Non so se sono stata io a pensarlo, ma questa doveva essere la serie in cui doveva succedere tutto e invece non è successo niente. Cosa mai accaduta prima, la puntata di Natale mi ha annoiato. Abominio!
I signori conti, Robert e Cora, diventano ogni puntata di più dei soprammobili. E Jimmy, il cameriere, gli fa buona compagnia. E dopo aver detto ciò, sfidatemi a singolar tenzone!
Tom Branson si sta ancora adattando alla sua nuova posizione, anche per lui parlo di rinascita e forse anche di un nuovo amore. Staremo a vedere.
Downstairs le cose sono state parecchio movimentate. Menomale che c'è Mrs. Hughes! Daisy continua a farmi venire l'orticaria, e in questa stagione se la prende con Ivy. Ma se tu sei irritante e bruttarella, lei cosa può farci? Alla faccia di Edith, Fellowes tifa per Molesley che, diventato cameriere dei Crawley, è entrato parecchio in sintonia con la nuova lady's maid di Cora, e galoppina pentita di Barrow. Proprio il vice maggiordomo deve essere un altro dei personaggi che a Julian Fellowes devono stare antipatici: nella terza stagione ce l'aveva mostrato più umano. Nella quarta stagione è ritornato ad essere il "cattivo" bidimensionale, dedito allo spetteguless. Peccato.
Nel Christmas Special c'è stato il ritorno di Martha Levinson, la mitica Shirley MacLaine, ennesima occasione sprecata da Fellowes che poteva farci rivivere i magnifici siparietti con Violet. Mi è piaciuto il personaggio di Harold, new entry e fratello di Cora, interpretato da Paul Giamatti.


Il finale dell'episodio natalizio stile "largo ai giovani" non mi è piaciuto granché. Sarò io l'insensibile, ma è stata la degna conclusione di una stagione un po' scialba e a corto di idee.
Nonostante tutto aspetto che una nuova alba illumini Downton Abbey.
Appuntamento a settembre 2014!

INCURSIONI CINEMANIACHE, seguiteci su:

venerdì 27 dicembre 2013

Recensione Flash: Gravity


Anno e Nazione di Produzione: USA, Gran Bretagna 2013

Distribuzione in Italia: Warner Bros

Genere: Fantascienza

Durata: 92 minuti

Cast: Sandra Bullock, George Clooney, Ed Harris, Amy Warren

Regista: Alfonso Cuaròn

La dottoressa Ryan Stone è un ingegnere biomedico alle prese con la sua prima missione nello spazio. Durante una "passeggiata", è impegnata ad installare un componente sul telescopio Hubble. Insieme a lei, a coordinare la missione, il comandante Matt Kowalsky. L'uomo è giunto alla fine della sua carriera di astronauta e questa è la sua ultima missione in orbita. Improvvisamente, un satellite russo esplode, originando un effetto domino: i rottami travolgeranno qualsiasi cosa. Houston allerta gli astronauti del grave pericolo ma non riusciranno in tempo ad allontanarsi dall'orbita pericolosa del satellite esploso. A salvarsi solo la dottoressa Stone e il comandante Kowalsky, che riesce a salvarla dalla deriva nello spazio a cui sembrava condannata. Gli altri membri della missione morti e lo Shuttle irrimediabilmente distrutto. L'unica speranza è arrivare all'ISS, la Stazione Spaziale Internazionale distante pochi chilometri.
Come gli sfortunati astronauti, anche il film è stato travolto da una valanga di premi, alcuni già vinti altri sicuramente in arrivo. Fra tutti i Golden Globe e gli Oscar. Proprio agli Academy, Gravity è uno dei favoriti. Il regista Alfonso Cuaròn è famoso per la sua ecletticità, nella sua filmografia non troverete un film uguale all'altro. Non fa eccezione il suo ultimo lungometraggio, Cuaròn non aveva mai bazzicato il genere fantascientifico. E direi che come prima volta ha decisamente fatto un buon lavoro. Il film costato 100 milioni di dollari, rifiutato dall'Universal e acquistato dalla Warner, ha affascinato le platee di tutto il mondo. Accanto al mistero dello spazio c'è il mistero dell'anima, quella della dottoressa Ryan interpretata dalla bravissima Sandra Bullock. E' un confronto con se stessa e il suo dolore, quello che la scienziata trova nello spazio. La voce che la guida nella risalita è quella del comandante Kowalsky, interpretato da un altrettanto bravo George Clooney. Gravity è un film che non annoia nemmeno un secondo: i circa novanta minuti scorrono via velocemente e lo spettatore non se ne accorge. Però molti l'hanno descritto come un capolavoro ma io devo dissentire: è un bel film ma presenta degli eccessi, le cosiddette "americanate". Spesso, nel film, viene velatamente affermato il primato americano nello spazio (e sulla Terra). E ho trovato anche un po' canzonatoria la scena in cui la dottoressa Ryan deve raggiungere la stazione orbitante cinese. Comunque nel complesso uno dei film più belli e originali del 2013. Devo dire qualcosa sulla Bullock? Meglio di no perché sarei di parte, la adoro e non è la prima volta che dimostra di saperci fare nei ruoli drammatici, Ehi, ha vinto un Oscar con The Blind Side!
Da vedere, ma non credete a chi grida "al miracolo".

Il trailer:



Consigliato: Sì


INCURSIONI CINEMANIACHE, seguiteci su:

lunedì 23 dicembre 2013

I Am SherlSHOCKED!


Dopo due anni di snervanti ed irritanti attese, è arrivato il momento di dirlo: finalmente!
Il 1 gennaio 2014 segnerà il ritorno sulle scene britanniche, seguito a ruota il 19 gennaio da quelle americane, della mitica, unica ed inimitabile serie TV Sherlock, prodotta dalla BBC e dai due geniali e "terribili" Steven Moffat e Mark Gatiss (quest'ultimo, come gran parte dei fan sa già, riveste tra l'altro i panni di Mycroft, il fratello maggiore di Sherlock).
Dal 2011, anno in cui è stata trasmessa la seconda stagione della fortunata serie, è passato tanto tempo per realizzare la terza per via dei vari impegni lavorativi dei due grandi interpreti principali, ovvero Benedict Cumberbatch nei panni di Sherly e Martin Freeman in quelli del pazientissimo Watson, visti recentemente ne Lo Hobbit: La Desolazione Di Smaug, Martin nelle vesti di Bilbo e Benedict nella "pelle" del terribile Smaug nel doppiaggio originale della pellicola.
Finalmente tutti i nodi verranno al pettine e il mistero più grande di tutti verrà svelato: come diavolo ha fatto Sherlock a sopravvivere alla caduta dal palazzo, dopo la drammatica discussione con il diabolico Jim Moriarty, suicidatosi (si spera morto per sempre!) con una pistola, e il triste addio con Watson?


Bé, di sicuro i fan hanno avuto tutto il tempo per formulare ipotesi su come il nostro beniamino sia riuscito ad inscenare alla perfezione il proprio suicidio, al fine di salvare le persone a lui care, come John, Mrs. Hudson e l'ispettore Lestrade, dai cecchini di Moriarty.
I due produttori hanno tenuto sulle spine i fan lanciando vari indizi, come quello di Gatiss riguardante il fatto che per capire come Sherlock si sia salvato bisogna osservare molto attentamente la scena della caduta.


Evidentemente serve una mente brillante come quella di Sherlock per capire bene l'indizio, ma quel che è certo è che una fan americana sembra esserci andata molto vicina alla verità, anche se non confermata, proprio perché la sua teoria calza alla perfezione l'ottica del sociopatico funzionale per eccellenza quale è Sherly.
Non vi rivelo ciò che ha ipotizzato per mantenere l'effetto sorpresa, nel caso sia proprio quella la tattica usata dal protagonista.
Ciò che per me è sicuro è che Molly, la gentile e sensibile dottoressa dell'obitorio in cui Sherlock passa il suo tempo libero, innamorata del protagonista, c'entri qualcosa.
Ricordiamoci il misterioso favore che Sherly le chiede poco prima dell'incontro finale con la sua nemesi sul tetto.
Ma quindi, cosa ci dobbiamo aspettare da questi 3 nuovi episodi?


Ciò che per ora si sa è che la serie è ambientata due anni dopo gli eventi di Reichenbach: Sherlock si è nascosto e spostato continuamente per evitare che l'incolumità di John, Mrs. Hudson e tutte le altre persone che hanno sempre avuto a che fare con lui sia messa a repentaglio.
Ritornerà dopo così tanto tempo e si ritroverà completamente spaesato: come gli rivelerà suo fratello Mycroft, John ha voltato pagina ed è andato avanti, facendosi crescere anche un bel paio di baffoni, nel tipico stile del Watson originale ideato da sir Arthur Conan Doyle.


Non riuscendo a capire come il suo amico dottore sia riuscito ad andare avanti "senza di lui", Sherlock dovrà "ritornare dall'aldilà" con tutta la teatralità tipica del suo complicato carattere, spaventando a morte la povera Mrs. Hudson!


Di sicuro però, l'incontro più emozionante sarà proprio quello tra Sherly e John, tanto atteso da tutti. Naturalmente già sappiamo che il nostro amato investigatore nasconderà come sempre i suoi sentimenti, ma a giudicare dalla sua espressione, forse, e sottolineo forse, trasparirà qualcosina per il suo unico, vero amico.


Ciò che lo spingerà tuttavia a tornare sarà un evento senza precedenti: il serio rischio di un attacco terroristico programmato a Londra che il brillante consulente detective dovrà sventare riformando la 'strana coppia' col dottor Watson.
Assisteremo quindi ai tipici casi intricati, intrisi stavolta da un ingrediente inedito: Sherlock dovrà fare i conti per la prima volta con eventi da lui del tutto imprevisti come John, ormai diverso da com'era un tempo, e una Londra molto differente da come lui l'aveva lasciata.


I tre episodi di questa stagione si intitoleranno The Empty Hearse, The Sign Of Three e His Last Vow.
La messa in onda italiana per ora è ignota, quindi consiglio caldamente la visione della serie in inglese sottotitolato in italiano, poiché il fascino britannico è preservato del tutto solo in questa maniera, visti i doppiatori italiani, a mio parere, non molto adatti ai personaggi.


Sembra sia finita qui per ora, ma non stiamo dimenticando una domanda importante?
E il cattivo chi sarà?!
Dopo parecchie supposizioni su chi dovesse prendere il posto del malefico ed insostituibile Moriarty, nemesi per eccellenza di Holmes, Gatiss e Moffat hanno annunciato, ad agosto 2013, l'ingresso nel cast dell'attore danese Lars Mikkelsen, fratello del più famoso Mads Mikkelsen, nel ruolo del nuovo arci-nemico Charles Augustus Magnussen.


Pochissimo si sa su questo nuovo, fantomatico antagonista, presentato appunto come la futura nemesi del protagonista, ma quel che si spera è che riesca a reggere il confronto con Moriarty, interpretato nelle prime due serie dal bravissimo Andrew Scott, che ha stra-meritato il premio BAFTA 2012 proprio come Best Supporting Actor in Sherlock.
Continuiamo quindi con il conto alla rovescia che ci separa dall'attesissima terza serie, lasciandovi con il teaser trailer ufficiale, e speriamo che la season 3 ci riservi numerosissime sorprese, come solo la brillante accoppiata Moffat-Gatiss sa fare!


Il trailer:


INCURSIONI CINEMANIACHE, seguiteci su:

domenica 22 dicembre 2013

Recensione Flash: Il Sospetto


Anno e Nazione di Produzione: Danimarca 2012

Titolo Originale: Jagten (inglese: The Hunt)

Distribuzione in Italia: BIM

Genere: Drammatico

Durata: 115 minuti

Cast: Mads Mikkelsen, Thomas Bo Larsen, Susse Wold, Annika Wedderkopp, Alexandra Rapaport, Anne Louise Hassing

Regista: Thomas Vinterberg

Piccola città del nord Europa, tranquilla e dove si conoscono tutti: è qui che vive Lucas, insegnante all'asilo locale. Perfettamente integrato nella comunità, l'uomo è stimato e apprezzato da amici e colleghi. Un matrimonio fallito alle spalle e un figlio, Marcus, che l'ex moglie non gli fa vedere quanto vorrebbe. I suoi piccoli alunni lo adorano, soprattutto Klara, la figlia del suo migliore amico Theo. Un giorno la piccola lo bacia sulla bocca e gli fa un piccolo dono. Lucas, con dolcezza, la redarguisce dicendole che certe attenzioni sono riservate ai genitori e ai familiari. La bambina, imbarazzata e ferita, inizia a raccontare una storia di violenze sessuali che travolgeranno la vita di Lucas, spingendo la città in una caccia al mostro.
Il regista, e attore, Thomas Vinterberg tra i primi ad aderire a Dogma 95, il manifesto cinematografico danese degli anni Novanta cui presero parte anche Lars von Trier e la giovane Susanne Bier, ritorna al cinema con un film che, rispetto ai suoi precedenti, abbandona i toni comici e grotteschi per denunciare l'ipocrisia borghese. Lucas, dopo il racconto della piccola Klara, per i suoi amici e concittadini diventa un mostro nonostante la mancanza di prove, reali, che attestino la violenza. Non solo, gli alunni influenzandosi a vicenda, iniziano a raccontare tutti la stessa storia trasformando l'uomo in un pedofilo seriale.
Isolato, perseguitato e minacciato Lucas affermerà sempre la sua innocenza. Vinterberg ambienta la scena madre del film in chiesa, durante la notte di Natale, quasi a voler implicitamente individuare la "fonte" dell'odio dei benpensanti. Il regista chiude il film con un colpo di fucile che manca di poco Lucas, a un anno di distanza dagli eventi narrati: il sospetto rimarrà sempre e Lucas ne rimarrà per sempre segnato.
Candidato ai Golden Globe 2014, Il Sospetto è un film freddo, asciutto, razionale, che non lascia margini di redenzione alla società borghese. Mads Mikkelsen, protagonista assoluto del lungometraggio, vincitore con questo film della Palma d'Oro a Cannes nel 2012, conferma il suo caleidospico talento di attore di razza. Thomas Bo Larsen, attore feticcio di Vinterberg, si carica del conformismo provinciale e convince. Bravissima la piccola Annika Wedderkopp.
Non importa chi sei: se gli altri hanno bisogno di un capro espiatorio, lo diventi.

Il trailer:



Consigliato: Sì


INCURSIONI CINEMANIACHE, seguiteci su:

giovedì 19 dicembre 2013

Spie On The Rocks: The Americans


Cari seriemaniaci, se qualcuno di voi è giunto alla conclusione che io abbia gusti molto girly, ora credo proprio debba ricredersi.
Non rinnego assolutamente la mia "anima" adolescenziale ma se un film o una serie sono fatti particolarmente bene posso momentaneamente mettere a tacere la teenager che è in me e appassionarmi a un genere che non avrei mai pensato potesse piacermi. Eppure a quella sedicenne che si aggira ancora nella mia testa dovrei dire grazie. Capirete tra un po' il perché.
Oggi è di scena, su Incursioni Cinemaniache, la serie TV The Americans andata in onda su FX (qui in Italia è ancora on air su Fox) con la prima stagione fino a maggio 2013 e il cui ritorno è previsto per febbraio 2014.
Come avvenne l'incontro con le spie venute dal freddo? Qualche settimana fa un articolo su La Repubblica annunciava la messa in onda in Italia della serie che, ad oggi negli USA, è una delle più osannate tra i nuovi prodotti che i vari network americani hanno sfornato in questo 2013. Leggo l'articolo e scopro che una delle protagoniste è lei, Keri Russell, l'attrice che ha accompagnato la mia adolescenza in una delle serie TV che ho più amato (insieme a Roswell): Felicity. Dopo aver scoperto che c'era Keri e dopo aver letto la trama, mi sono detta: ma sì proviamo! In pochi giorni ho ingurgitato avidamente tutti gli episodi e decisamente confermo ciò che gli altri hanno scritto prima di me: è una serie da non perdere e una delle migliori prodotte negli ultimi tempi.



LA TRAMA

Anni Ottanta. Elizabeth e Philip Jennings vivono nella tranquilla periferia di Washington D.C., in una di quelle classiche e anonime villette a schiera americane. Hanno due figli, Paige e Henry, e lavorano come agenti di viaggio. Tutto molto normale, direte voi, forse troppo. Infatti è facciata, il loro matrimonio è una copertura e ovviamente non sono degli agenti di viaggio ma due spie del KGB, i servizi segreti sovietici. Da ormai dieci anni si fingono una coppia e hanno avuto dei figli per essere più credibili, tutto pur di servire la madrepatria. La sorte vuole che nella villetta di fronte si trasferisca la famiglia di Stan Beeman, agente dell'FBI. L'uomo, istintivamente, avverte qualcosa di "sbagliato" nella famiglia Jennings ma le due spie russe riescono a ingannare anche lui.
La Guerra Fredda non è mai stata così "calda", ed Elizabeth e Philip sanno che il pericolo è reale, per loro e per i figli.



LA MENTE DIETRO THE AMERICANS

Mischa e Nadezhda, i veri nomi di Elizabeth e Philip, nascono dalla fantasia di Joe Weisberg, ex agente della CIA. Proprio dalla sua precedente esperienza lavorativa e dai racconti di ex colleghi, che lavorarono per il governo americano durante gli anni di tensione tra USA ed ex URSS, Weisberg ha attinto per regalare al pubblico The Americans. Presenti nella narrazione eventi realmente avvenuti, ma soprattutto Weisberg ha voluto porre l'accento sulla famiglia e sulla coppia, che sia quella di Elizabeth e Philip o quella di Stan e la moglie. Quindi non aspettatevi solamente intrighi, sparatorie e travestimenti perché questa serie è molto di più. I sentimenti, strano ma vero, sono il motore di questo period drama, traggono in inganno o fanno più paura rispetto a scudi missilistici, armi nucleari e complotti. Descritta così, sembra una serie banale. No, vedere per credere!
Il confine tra finzione e realtà è molto sottile, e tutti i personaggi ci fanno i conti. Tutto, nel corso dei tredici episodi, viene messo in discussione e tutti dovranno adeguarsi.



COME UNA MATRIOSKA...

Ci sono varie tecniche narrative per raccontare una storia, e una di queste è sicuramente quella del flashback. Spesso nelle serie TV è molto abusato, usato male e fuori luogo; invece in The Americans è sapientemente utilizzato per svelare a poco a poco, come se gli spettatori stessero arrivando alla statuina più piccola e nascosta di una matrioska, la psicologia e i trascorsi delle due spie russe e degli altri personaggi.
La diversità tra Elizabeth e Philip la si nota già nel pilot: lui si è quasi affezionato agli USA e sente lontana, non solo geograficamente, la Russia. Lei, invece, è profondamente dedita alla "causa" e piuttosto che tradire preferirebbe morire. Poi le cose cambiano, il passato influenza il presente. Le fragilità di Elizabeth non lasciano più spazio alla finzione, così la donna abbandona l'algida sicurezza da spia per capire, arrendersi e lasciarsi andare. E...non voglio svelarvi troppo!





I PERSONAGGI

Di Elizabeth ho già parlato, non voglio anticiparvi altro perché il suo è un personaggio affascinante e vale la pena scoprirlo da soli. Bravissima Keri Russell, forse uno dei suoi ruoli migliori, e pensare che non era assolutamente convinta di recitare nella serie! Philip, invece, è interpretato dal gallese Matthew Rhys: anche lui lascia senza parole, seppur il suo personaggio abbia meno ombre rispetto a quello di Elizabeth. Forse, come character, lo posso definire più semplice. Philip non è freddo come la "collega", anzi: è un uomo che ama, profondamente. E che lotta per proteggere chi ama, siano i figli o Elizabeth. Insomma letale in battaglia, vulnerabile nei sentimenti. Questo tratto è sicuramente quello che lo accomuna alla moglie. Davvero bravo Mr. Rhys.



L'altra coppia dello show è quella formata da Nina, l'impiegata dell'ambasciata russa a Washington, che viene "arruolata" da Stan Beeman come spia per l'FBI. Fin dalla loro prima scena insieme ho capito che sarebbero diventati amanti. Forse questa è stata la storyline più banale e prevedibile nell'intero show (negativo il parere anche sul ruolo di "soprammobili" affibbiato ai piccoli Jennings, ma Weisberg ha anticipato che saranno i protagonisti della seconda stagione) ma glielo perdono a Mr. Weisberg.
Stan è in crisi con la moglie e completamente assorbito dal lavoro, diventato quasi la sua unica ragione di vita. Sembrerebbe tutto d'un pezzo ma non è così: come Elizabeth, le sue fragilità e le questioni irrisolte saranno il suo tallone d'Achille, la debolezza di cui si servirà l'affascinante Nina. La relazione tra i due almeno all'inizio è sincera, poi come recita lo slogan della serie "in amore e in guerra, fredda, tutto è lecito". Straordinari Noah Emmerich e Annet Mahendru.
Come dimenticare Margo Martindale, supervisor dei Jennings e agente del KGB, Claudia? Certo, per me è stato un po' uno choc vedere l'attrice che in New Girl interpreta la comicissima madre di Nick Miller indossare i panni di una spia! Comunque il suo personaggio è un altro motivo del successo di The Americans. Gira voce che la Martindale, Keri Russell e Noah Emmerich siano candidati ai prossimi Emmy Awards. La serie sarà sicuramente tra i candidati nella categoria Miglior Serie TV ai vari premi, americani e internazionali.
Allora, cosa fate ancora qui a leggere? Correte a vedere The Americans! E se non vi fidate del mio giudizio, fidatevi almeno di Stephen King che l'ha definita come la migliore serie TV del 2013.

Il trailer della prima stagione:




E questi sono i link per i due teaser trailer della seconda: 1 e 2

INCURSIONI CINEMANIACHE, seguiteci su:

domenica 15 dicembre 2013

Una Bi-Recensione Fiammante: Lo Hobbit - La Desolazione Di Smaug



Anno e Nazione di Produzione: USA, Nuova Zelanda 2013

Titolo Originale: The Hobbit - The Desolation Of Smaug

Distribuzione in Italia: Warner Bros

Durata: 161 minuti

Genere: Fantastico

Cast: Martin Freeman, Ian McKellen, Richard Armitage, Orlando Bloom, Luke Evans, Evangeline Lilly, Lee Pace, Benedict Cumberbatch, Manu Bennett, Aidan Turner

Regista: Peter Jackson

La Montagna Solitaria è sempre più vicina.
I nani, guidati da Thorin Scudodiquercia, accompagnati dall'hobbit Bilbo e dallo stregone Gandalf, sono vicini a riconquistare ciò che gli apparteneva, casa loro, le loro terre. Smaug li attende, implacabile e deciso a non cedere i tesori nanici ed Erebor.
Prima di scacciare il drago, molte sono le insidie e i nemici che la compagnia deve affrontare: orchi, ragni che li imprigionano nelle selve malsane del bosco Atro, e gli elfi di Thranduil che lì vivono.
Gandalf si separerà dal gruppo: avverte l'arrivo di un'oscura minaccia. La Terra di Mezzo non sarà più la stessa.




  "- Ho trovato una cosa nella galleria degli Orchi.
     - Cosa hai trovato? 
     - Il mio coraggio!"

La Recensione di una neo-fan

Proseguono le avventure di Bilbo, Thorin, Gandalf e dei nani di Erebor. Vi ricordo che non ho letto i romanzi e quindi mi sono appassionata alla storia vedendo i film. Anzi, vi dirò di più: di solito i fantasy non li prendo nemmeno in considerazione ma Lo Hobbit, più del Signore degli Anelli, mi ha attirato perché penso si parli più di sentimenti, di valori, di ideali che di guerre, alleanze e magia per quanto anche nei film sulla Compagnia dell'Anello i rapporti di amicizia e d'amore tra i protagonisti rappresentano un aspetto importante della storia. Ne Lo Hobbit, però, li sento più genuini, più puri. Vabbè lasciate perdere, sto straparlando oppure è Sauron che mi sta obnubilando il cervello!
Il secondo film di una trilogia è sempre quello più difficile da girare per un regista perché deve traghettare lo spettatore verso il capitolo finale e mantenere comunque alto l'interesse verso ciò che vi viene narrato. Da vecchia volpe qual è, Peter Jackson ha curato ogni aspetto ed è riuscito a fare un film che non è un semplice "gregario" ma tassello insostituibile della storia.



Ritroviamo i personaggi del primo film e new entries, alcune le conosciamo molto bene.
Per me i protagonisti di questo secondo film sono Bilbo e Thorin, e sono anche i personaggi che sono cambiati di più rispetto al film precedente.
Bilbo, lontano dalla Contea, è diventato più dark. Avventurandosi nel mondo, ha scoperto e visto cose che hanno sì intaccato un po' la sua ingenuità ma hanno anche tirato fuori il proverbiale coraggio degli hobbit. Poi c'è l'anello, sottratto a Gollum nelle caverne delle Montagne Nebbiose. Come tutti, anche Bilbo subisce la sua fascinazione malefica ma, come il nipote Frodo dopo di lui, ingaggia una lotta con esso e cerca di resistervi, servendosene e non servendolo. Magnifico Martin Freeman che riesce a trasmettere luci e ombre di questo "nuovo" Bilbo. Non riuscirei a pensare all'hobbit interpretato da qualcun'altro. 



Thorin era un po' defilato nel primo capitolo della trilogia, non ha mostrato molto di sé, se non nella seconda parte del film. Ne La Desolazione di Smaug anche lui va incontro a quella oscurità che ha avvolto Bilbo, come se decidesse di spegnere le emozioni, i sentimenti, sacrificare tutto e tutti pur di riconquistare Erebor. E' più spietato, sfacciato nel desiderare ciò che vuole e non nasconde che è disposto a scendere a compromessi, soprattutto con se stesso e la sua integrità. Il pretendente al trono dei nani però ha comunque un cuore scaldato dall'onore e non dalla sete di potere.
Carismatico Richard Armitage, anzi regale: adoro la sua interpretazione di Thorin mai affettata e sempre vibrante.



Prima ho accennato alle new entries: presenti o non presenti nel romanzo poco importa perché sono tutte interessanti. Ritroviamo Legolas, e di sicuro non è l'elfo del Signore degli Anelli ma è ancora un figlio influenzato dal padre Thranduil. La vicinanza di Tauriel, l'elfa dei boschi, personaggio inventato da Jackson, però lo porterà a riflettere sui cambiamenti che stanno per investire il loro mondo e decide di prendervi parte.

A proposito di Tauriel, è una "pedina" che il regista ha usato per spingere Legolas all'azione e per regalare al pubblico una storia d'amore. Ebbene sì, perché nel romanzo de Lo Hobbit l'amoroso sentimento è il grande assente. L'elfa e il nano Kili entrano in una particolare sintonia e per lui, Tauriel rischierà la vita nel tentativo di salvare quella del nano. Se fate un giretto in rete scoprirete che i fan made su di loro abbondano! Sicuramente non sono Aragorn e Arwen, però Peter ha aggiunto l'ingrediente che mancava.
Infine Bard l'arciere interpretato da Luke Evans: sicuramente lo vedremo più attivo nell'ultimo capitolo della trilogia ma ha già fatto capire che è un tipo tosto. E affascinante.
Come dimenticare il drago Smaug? Lascio al mio "collega" le riflessioni "tecniche", io mi soffermo su un aspetto che mi stava particolarmente a cuore: la voce del drago in inglese è di Benedict Cumberbatch. Pensavo che nessuno avrebbe mai potuto prendere il suo posto ma non avevo fatto i conti con il bravissimo Luca Ward.
Per me La Desolazione di Smaug e Peter Jackson sono promossi a pieni voti: avvincente, oscuro (la presenza di Guillermo del Toro si fa sentire), emozionante. Non vedo l'ora di ritornare nella Terra di Mezzo.

La Recensione dell'esperto

Dopo la prima parte, devo dare ragione a molti critici e fan: tra i due, questo è sicuramente il capitolo meno fedele al libro de Lo Hobbit, per vari fattori.
La colpa ovviamente non è di Peter Jackson, ma della Warner che ha voluto tirare e forzare la mano su un libro di 500-600 pagine, cercando di ottenere un guadagno simile a quello de Il Signore Degli Anelli, trilogia basata su tre libri e non su uno solo.
Ovviamente il tocco di classe di Jackson si riconosce e devo dire che è riuscito a trovare delle buone "toppe" per rimpolpare una trama che sarebbe bastata solo per due film.



La questione di Gandalf in esplorazione e poi incarcerato a Dol Guldur da Sauron, presa dalle Appendici de Il Signore Degli Anelli, è apprezzabile sebbene sia appunto un evento collocato cronologicamente dopo la riconquista di Erebor.
Ho apprezzato anche la presenza di Legolas, che logicamente doveva per forza trovarsi a Bosco Atro con suo padre, il re Thranduil nonostante nel libro non sia mai stato nominato, probabilmente perché Tolkien non aveva ancora in mente l'idea di un principe elfico presente nella futura Compagnia dell'Anello.
Ciò che invece non ho digerito granché è stata la creazione del personaggio di Tauriel, e soprattutto, la questione dell'infatuazione amorosa, reciproca, per il nano Kili, cosa davvero impensabile per Tolkien, visto l'odio che scorre tra le due razze.
Non sono poco sentimentale, sono semplicemente obiettivo e infatti questa "strana coppia" mi è sembrata solo una brutta copia dell'amore, presente nei libri, tra Aragorn ed Arwen, un'ipotesi avvalorata dal fatto che Kili viene curato dall'avvelenamento della freccia Morghul in stile "Frodo-Arwen aiutata da Aragorn", con tanto di luce dei Valar intorno all'elfa, come avvenne appunto con Arwen ne La Compagnia Dell'Anello.



Come ho già detto, Peter va solo difeso perché ha dovuto rattoppare una trama non adatta per ben tre film e ha il mio plauso per la grande fantasia, appoggiata in produzione dal visionario Guillermo Del Toro che doveva essere il regista originario di questa nuova trilogia.
Un personaggio che poteva essere realizzato meglio era Beorn: non dico che dovevano renderlo identico a come lo immaginavo io, ovvero un vichingo berserkr, ma non doveva nemmeno diventare il fratello gigante di Lupo Lucio della Melevisione!
Infine, da cinefilo nerd fissato con i mostri della fantasia, devo dire che Smaug è stato stupendo, ancor di più perché doppiato dal mitico Luca "Massimo X Meridio" Ward in italiano e dal grande Benedict "Sherlock" Cumberbatch in inglese, anche se grazie a degli attentissimi fan anglofoni, ho scoperto che è avvenuto un guazzabuglio incredibile: nella versione ridotta de Lo Hobbit: Un Viaggio Inaspettato, Smaug è il tipico drago con quattro zampe e due ali, mentre in quella integrale, sempre nell'unica scena in cui è visibile, ovvero l'attacco ad Erebor, ha solo le zampe posteriori e le due ali, divenendo quindi una viverna. I fan sono rimasti molto delusi, io in primis, poiché Smaug era stato visto da Tolkien come il tipico "serpente del nord", ultimo dei servi del malefico dio Melkor/Morgoth, maestro di Sauron, e il dubbio ci ha assalito fino all'uscita di questa seconda parte, nella quale il guazzabuglio fisionomico è stato completato: se nella locandina del film si può notare come Smaug (il fumo che esce dalla pipa di Gandalf) abbia quattro zampe e due ali, quindi un drago vero e proprio, nel film invece è una viverna!




Ciononostante, il caro draghetto furbetto fa comunque un'ottima figura, ma era meglio se Jackson & Co. chiarivano le loro idee prima di realizzare la versione integrale de Lo Hobbit: Un Viaggio Inaspettato, di cui consiglio solo la visione in streaming o al massimo scaricata poiché non vale proprio la pena di spendere soldi per soli 15 minuti di scene inedite in più, cosa per cui vale davvero la pena fare con i tre film de Il Signore Degli Anelli, le cui versioni integrali aggiungono all'incirca tre quarti d'ora in più di scene inedite ciascuna.
Ora, sebbene il mio giudizio possa sembrare in parte negativo, non lo è affatto poiché non sono un tolkeniano integralista, come lo è invece il figlio del Maestro, Christopher Tolkien, che si è impuntato nel fatto di non voler cedere i diritti per realizzare un adattamento cinematografico del vastissimo Silmarillion, con il solo risultato di apparire come un vero e proprio ingrato nei confronti di Jackson che gli ha fatto guadagnare fior fior di quattrini con i copyright in questi ultimi anni.
Ormai ho capito cosa significa adattare un libro in un film di massimo 2-3 ore cercando di rimanere il più fedeli possibile, e Peter se l'è sempre cavata egregiamente, nonostante i numerosi ostacoli lungo il tragitto, primo fra tutti la decisione dell'avida Warner di smembrare ulteriormente la trama, e gli do quindi atto di essere sempre un grandissimo regista tenace e capace.
Ora peniamo per un altro anno aspettando di vedere l'ultimo capitolo, Lo Hobbit: Racconto Di Un Ritorno, in uscita il 17 dicembre 2014. Aiuto, non ce la farò!

Il trailer:



Consigliato: Assolutamente sì 

INCURSIONI CINEMANIACHE, seguiteci su: