mercoledì 6 febbraio 2019

Recensione (mica tanto) Flash: Il primo re


Anno e Nazione di Produzione: Italia, Belgio 2019

Distribuzione: 01 Distribution

Genere: Drammatico

Durata: 127 minuti

Cast: Alessandro Borghi, Alessio Lapice, Fabrizio Rongione, Massimiliano Rossi, Tania Garibba

Regista: Matteo Rovere

All'inizio della leggenda ci sono due fratelli. 
Cresciuti fianco a fianco, soli. La loro forza è il rimanere assieme, proteggersi a vicenda. Cercarsi con lo sguardo, sempre, perché dev'essere così. La madre, prima di lasciarli, ha chiesto a Remo di proteggere Romolo e di stargli vicino. Così è stato, e così è. Almeno fino a quando, fra loro, si frappone un sogno che si chiama Roma. 


Inutile che mi dilunghi nel raccontarvi la trama del nuovo film di Matteo Rovere. La leggenda della fondazione di Roma fa parte del nostro immaginario, fin da bambini. 
Attendevo con curiosità l'uscita di questo film, da quando ne lessi notizia ormai un anno e mezzo fa. Già allora l'idea, sulla carta (e con la prima foto dal set di Alessandro Borghi), mi era piaciuta, e mi domandavo come l'avrebbe concepita il regista questa storia così antica, mitica, quasi sacra; avevo avuto la percezione che fosse in arrivo un film davvero originale.
L'obiettivo principale di Rovere credo sia stato quello di umanizzarla questa leggenda: togliere quell'aura mitica, e anche un po' polverosa, per ricoprirla di più nobile sudore, terra e sangue.
Le battaglie su cui abbiamo fantasticato, sul grande schermo sono diventate epiche, ben girate e curate nelle movenze. I protagonisti Borghi e Lapice hanno tenuto a precisare che tutto lo sporco e il sudore sono dannatamente veri, frutto di intere giornate di riprese.
Rovere e la sua troupe hanno dedicato un'attenzione maniacale ad ogni aspetto del film, dal proto latino (un mix di latino e altre lingue, incluso etrusco e sabino, che si parlavano allora nel Lazio), scelta linguistica sensata e affascinante, alle ambientazioni tutte laziali. Dai costumi alla ricostruzione scenica dei villaggi, fino alle luci: quella che vedrete nel film è solo luce naturale. Anche in questo caso, si è voluto tutelare la genuinità della storia. Insomma, nulla è stato trascurato per far sì che arrivasse al pubblico una testimonianza viva di un passato così remoto, e leggendario.



Il regista sembra volerci dire che gli uomini sono sempre uomini, in ogni epoca. A vivificarli sono i medesimi sentimenti: paura, amore, gloria. Abbiamo un cuore antico, uguale a quelli di Romolo e Remo.
Quel che colpisce maggiormente de Il primo re è la capacità con cui sceneggiatura e regia siano riusciti a comunicare la precarietà e l'assoluta finitezza dell'essere umano. Ancor di più in quel tempo: ogni giorno di vita era una lotta, le cose cambiavano velocemente e all'improvviso.
Ci si poteva solo affidare agli dei. Uno degli elementi più importanti del film è proprio la religiosità, la presenza costante e quotidiana degli dei. È proprio questo a fare la differenza, la chiave di volta di tutta la storia.



Perché proprio Romolo è destinato a diventare re? A prima vista si direbbe che il protagonista della storia è sicuramente Remo, interpretato magnificamente da Alessandro Borghi: lo vediamo riempire la scena con una fisicità potente e animalesca, così ricoperto di fango e sangue che si fatica a distinguergli fattezze e sguardi. Remo è un uomo di carne e volontà, in lotta perenne con gli elementi, con i suoi simili, con gli dei. Durante un suo dialogo con la Vestale, l'incarnazione del dio tra gli uomini, in poche parole svela la sua natura allo spettatore; se la sacerdotessa crede nell'ineluttabile volontà divina che tutto governa, Remo, fiero, le dice che non esiste nessun dio che può influenzare il suo destino: "Il mio destino sono io". 
Speculare per sangue, ma non per il credo, vediamo Romolo, l'attore napoletano Alessio Lapice, contrapporsi alla fisicità del fratello con semplici sguardi e scarni discorsi, eppure così significativi e ben interpretati. Se Remo crede in se stesso, Romolo crede fortemente nell'entità divina, che lo supporta e lo definisce come uomo.
Quindi, se tutto accade in un'epoca in cui era la lotta per la sopravvivenza a dettare legge, perché Remo, così capace, soccombe e Romolo diventa re? 



Quello era il tempo degli dei, e gli uomini erano solo pedine in un gioco mortale di cui non conoscevano l'esito. Sempre la Vestale svela a Remo che gli dei si sono serviti di tutti loro, e inconsapevolmente ognuno ha fatto la sua parte (per quanto Remo si sia opposto, infatti lo definirei un homo novus, fuori posto in quei tempi mitici). 
Così, Romolo uccide il fratello perché Roma, altrimenti, non sarebbe mai esistita: lui crede e si fa guidare dagli dei perché la nuova città ha bisogno della protezione divina per nascere ed essere destinata ad un grandioso futuro. Un impero come lo sarà quello romano, giunge a così grande importanza e regalità solo grazie agli dei. Se fosse stato Remo a fondare Roma, la città sarebbe stata votata all'autodistruzione, poiché i pilastri su cui avrebbero poggiato le sue case e i suoi templi sarebbero stati di corruttibile carne e volubile volontà umana, e non di granitica forza divina.
Romolo crede, Remo no. La scelta, tra i due, per gli dei è stata semplice.
La scelta di uccidere Remo, invece, per Romolo sarà dolore e benedizione insieme. Sul sangue, insieme, i due fratelli fondano Roma: un sacrificio necessario e inevitabile affinché la futura gloria sia imperitura.
L'ho apprezzato davvero tanto questo film, e non riesco a trovargli difetti. Un film che il cinema italiano stava aspettando, e di cui si sentiva il bisogno. Bravi tutti, e tremate: questa è Roma. Questo è Il primo re.

Consigliato: Assolutamente sì



Il trailer: 



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